La situazione di Perugia nel 1400, così come quella di molte altre città, un tempo abbagliate dalla luminosità dell'idea della libertà e dell'indipendenza, è molto diversa da qualche anno a questa parte.
La morte di Michelotti tolse un punto di riferimento importante, le fazioni minacciavano la stabilità dentro e fuori le mura, mentre i magistrati si industriavano per cercare un'istituzione che potesse proteggere la città e sanare un passivo salito a cifre piuttosto elevate. Da parte del popolo le istanze di indipendenza non erano più così pressanti e nel Quattrocento la convinzione di dover accettare un signore o un padrone in grado di garantire i requisiti minimi di sussistenza era di dominio comune.
La soluzione più semplice sembrò essere quella di sottomettersi al Duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti, figura meno ingombrante del papa e più munifico dei banchieri di Firenze.
Nonostante il parere contrario del papa, la città si consegnò al duca, il quale, in cambio, avrebbe provveduto agli stipendi dei Magistrati e a ripianare l'eventuale passivo di bilancio.
Lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana furono costretti ad accettare il dato di fatto, spiazzati da un risoluzione così repentina del governo perugino.