La prima insurrezione guidata spontaneamente dal popolo di Perugia, esplose il 20 giugno 1859, soltanto due anni dopo l'ultima visita di papa Pio IX alla città.
L'avventura in cui si imbarcarono gli insurrezionisti perugini, nel tentativo di ribaltare il governo pontificio, ebbe più dell'immediatezza che dell'organizzazione. Fu eroica, ma destinata inesorabilmente al fallimento.
La speranza era che nel frattempo insorgessero contemporaneamente altre città dell'Umbria e delle Marche, con la conseguenza che il papa avrebbe semplicemente dovuto prendere atto del distaccamento avvenuto. Inoltre gli aiuti promessi dalla Toscana di armi e uomini non arrivarono se non in misura molto ridotta, così come mancò l'appoggio del Piemonte.
Camillo Benso Conte di Cavour aveva infatti altri progetti piuttosto che appoggiare sporadiche sommosse popolari, preferendo ovviamente affidarsi alla politica e ad operazioni mirate, programmate e facilmente controllabili.
L'insurrezione perugina ha inizio il 14 giugno, quando un gruppo di patrioti intimò al Delegato Apostolico Mons. Luigi Giordani di abbandonare la città, il quale riparò a Foligno, dove la situazione non appariva altrettanto caotica.
Così come Perugia sperava di aver dato un segnale forte alle altre città affinché la seguissero, Roma temeva che una risposta morbida o tardiva potesse essere letta come un segno di resa. Tale era ad esempio la convinzione dei patrioti perugini, i quali avevano l'idea che il papa non avesse avuto interesse a difendere con troppo ardore il suo stato.
Contrariamente alle aspettative dei patrioti invece, un reggimento di 1800 uomini partì da Roma alla volta di Perugia, appostandosi la notte del 19 giugno presso Santa Maria degli Angeli. Durante il loro passaggio per Narni, Terni, Foligno, Spoleto ed Assisi, non subirono attacchi né ritardi, né fu ostacolato di un passo il loro cammino. Nessuna città umbra seguì l'esempio di Perugia, lasciata isolata, eccezion fatta per Città di Castello, che prese l'iniziativa di cacciare il Governatore dalla città.
Lo scontro aperto fu preceduto da trattative intraprese fra le due parti al fine di evitare una sanguinosa battaglia, ma il Governo Provvisorio rifiutò qualsiasi proposta.
Schierato al di sotto delle mura del Frontone, l'esercito pontificio aprì il fuoco la mattina del 20 giugno. Dopo un'iniziale, seppur tenue, resistenza, i reggimenti papali occuparono tutta la città.
Gli eventi del 20 giungo ebbero come conseguenza la rinnovata esigenza di protezione e sicurezza per le truppe del pontefice, il quale ordinò la ricostruzione della Rocca Paolina, andata parzialmente distrutta nel 1848.
Ma gli eventi seguirono ugualmente il loro corso, con le truppe garibaldine che, risalendo la penisola, passavano di successo in successo. Il re Vittorio Emanuele II e Cavour decisero che era giunta l'ora di procedere all'annessione dell'Umbria e delle Marche. Lo Stato Pontificio mandò contro l'esercito piemontese un battaglione guidato dal generale francese Lamoriciere. I due eserciti entrarono in contatto nei pressi di Ancona il 18 settembre 1860, e dopo un feroce scontro le truppe pontificie riportarono una sonora sconfitta.
Nel frattempo, quattro giorni prima avveniva la presa di Perugia, ad opera di un esercito composto da 15.000 uomini comandati dal generale Fanti, che penetrarono facilmente nella città e assediarono le truppe del papa asserragliate all'interno della Rocca Paolina, unica occasione in cui ebbe modo di assolvere il proprio compito.
Il 14 giungo 1860 la città di Perugia entra a far parte del Regno d'Italia, annessione che verrà ufficializzata il 9 novembre in seguito al plebiscito della Provincia dell'Umbria con quasi centomila voti a favore, a schiacciare i quattrocento scarsi contrari.

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